Violenza Economica – L’espressione meno nota della Violenza Domestica

Violenza Economica – L’espressione meno nota della Violenza Domestica

Si sente sempre più parlare di violenza fisica, sessuale, psicologica, ma non si parla mai di una violenza altrettanto diffusa e lesiva quale la violenza economica.
Essa è una forma di violenza difficilmente riconoscibile e poco denunciata.
I due Servizi presenti sulla provincia di Pistoia, Centro Antiviolenza Liberetutte e Centro Antiviolenza Aiutodonna che da anni si occupano della prevenzione e tutela alle donne vittime di violenza, hanno potuto rilevare che in ogni singolo caso, a più livelli è stata rilevata violenza economica, confermando il trend regionale e provinciale, ma raramente viene dalla donna riconosciuta, dichiarata e denunciata.
Quando la donna racconta la propria storia rappresenta la violenza economica come un ‘aggravante del maltrattamento in cui è coinvolta e mai come violenza a sé stante.
Abbiamo così deciso, come Servizi del territorio, di approfondire l’argomento per evidenziarne specificatamente i diretti danni e l’incidenza sul mantenimento della propria condizione di vittima nella relazione maltrattante.
L’idea è stata quella di effettuare un’indagine esplorativa sul campione delle donne che si sono rivolte ai due Servizi in modo da avere un quadro del fenomeno, di come si manifesta e delle sue caratteristiche.
Si tratta naturalmente di un progetto preliminare e come tale caratterizzato anche da criticità da analizzare e migliorare in futuro, che non aspira ad essere riconosciuto nel solo valore scientifico, ma soprattutto per la volontà di approfondire e riflettere su un fenomeno sommerso e non facilmente riconoscibile.
Il nostro obiettivo è quello restituire un’analisi di ambito provinciale dell’incidenza del fenomeno della violenza economica, nel campione di donne che si sono rivolte ai Servizi e il relativo effetto di mantenimento da parte della donna della propria condizione di vittima nella relazione maltrattante.

INTRODUZIONE

Il concetto di “violenza economica” è stato forgiato solo negli anni Novanta dai centri antiviolenza e dalle avvocate di donne in situazioni di violenza.
Solo una minoranza di donne in situazione di violenza sono consapevoli di subire anche violenza economica, per lo più vedono le ristrettezze economiche come una condizione aggravante della loro relazione violenta.
Esistono pochi studi di ambito, poca informazione che facilitano il perdurare di un tipo di violenza subdola e difficilmente riconoscibile e poco denunciata.
Ancor prima di ancorare le radici nell’ambito intrafamiliare, la violenza economica prende avvio nella nostra cultura, dove la donna viene ancora oggi penalizzata da molti punti di vista.
La violenza economica trova terreno fertile a partire dal mondo del lavoro: le donne non solo mostrano tassi di occupazione minori, ma vengono pagate meno degli uomini, hanno più contratti part-time, si accontentano spesso di lavori precari o in nero e sono maggiormente colpite dalla disoccupazione.
E questo, nonostante il più alto livello medio di istruzione della popolazione femminile.
All’interno delle mura domestiche poi la discriminazione economica consente all’uomo di mantenere saldo il potere, di esercitare il controllo e di assoggettare la donna.
Il denaro viene utilizzato, consapevolmente o inconsapevolmente, per tenere la donna ancorata alla relazione, per la sua paura di cadere in povertà o di perdere status sociale.
Spesso la violenza economica viene accettata dalla società come un delitto minore, senza pensare che sminuendo il fenomeno si spingono le vittime ad arretrare nel loro cammino verso l’uscita dalla violenza.
E, paradossalmente, la dipendenza economica dal partner è dichiarata come causa principale per cui le donne non si separano, o non osano denunciare l’uomo per abusi e violenze.
La violenza economica affiora in forma di sfruttamento della forza lavoro, di divieto di svolgere attività lavorativa fuori casa, di negazione di accesso al reddito comune, di privazione dell’indipendenza economica, di accumulo di debiti.
La donna perde autostima e indipendenza. Viene isolata, non può più permettersi nulla, la sua esistenza è legata alla casa, viene derubata della sua libertà.

LE INDAGINI

Da dati ISTAT (“La violenza contro le donne”, Indagine multiscopo sulle famiglie sicurezza delle donne anno 2006) le violenze economiche sono subite dal 30,7% delle vittime di cui il 34,2% dall’attuale marito/convivente e il 13,7% dall’attuale fidanzato; impedisce alla donna di utilizzare il denaro per il 2,4% il fidanzato e il 4,9% il marito/convivente, le impedisce di lavorare per 7,6% il fidanzato e il 21,4% il marito/convivente, controlla quanto e come spende per il 13,1% il fidanzato e per il 27,7% il marito/convivente.
Dal secondo rapporto sulla violenza di genere in Toscana, emerge che tra le donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza dal 1 luglio 2009 al 30 giugno 2013 riferiscono di subire violenza economica solo il 27%, infatti su un totale di 8.218 segnalazioni solo 1.638 donne hanno dichiarato di subire violenza economica.
Per quanto riguarda la provincia di Pistoia le 592 donne che si sono rivolte ai due centri antiviolenza solo 94 hanno dichiarato di subire violenza economica.

COS’È LA VIOLENZA ECONOMICA

La violenza economica comprende una serie di atteggiamenti volti essenzialmente ad impedire che il partner diventi o possa diventare economicamente indipendente, al fine di poter esercitare su di esso un controllo indiretto, ma estremamente efficace.
Tra questi atteggiamenti rientrano, ad esempio, l’impedire la ricerca di un lavoro o del suo mantenimento, la privazione od il controllo dello stipendio, il controllo della gestione della vita quotidiana ed il mancato assolvimento degli impegni economici assunti con il matrimonio.
Nella grande maggioranza dei casi, tale forma di violenza consiste in un insieme di strategie che privano la donna di decidere e/o di agire autonomamente e liberamente, rispetto ai propri desideri e scelte di vita.
Questo tipo di violenza viene attuato mediante varie strategie di controllo tipo:  negare, controllare puntigliosamente o limitare l’accesso alle finanze familiari, quali conti in banca o altre finanze;

  • occultare ogni tipo di informazione sui mezzi finanziari della famiglia o sulla situazione patrimoniale in genere della stessa;
  • vietare o boicottare l’accesso ad un lavoro fuori casa;
  • non adempiere ai doveri di mantenimento stabiliti da leggi e sentenze; sfruttare la donna come forza lavoro nell’azienda familiare (contadina, turistica, artigiana, ecc.), senza alcuna retribuzione né potere decisionale o accesso ai mezzi finanziari;
  • appropriarsi dei proventi del lavoro della donna ed usandoli a proprio vantaggio;
  • indebitare la donna per far fronte alle proprie inadempienze; attuare ogni forma di tutela giuridica, anche preventiva, ad esclusivo del proprio vantaggio e a danno della donna (quale l’intestazione di immobili o di attività produttive).

Per approfondimenti scaricare l’opuscolo PDF allegato

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